Frattura scomposta di omero prossimale: stessi risultati per trattamento chirurgico e conservativo

Tra i pazienti con frattura scomposta dell'omero prossimale, non ci sono differenze tra il trattamento chirurgico e quello conservativo a due anni dalla frattura, risultato che non sostiene dunque con evidenze scientifiche la tendenza attuale verso un sempre più frequente ricorso alla chirurgia. Ad affermarlo è uno studio pubblicatoin marzo su jama, la rivista dell'American Medial Association.
Lo studio, coordinato da Amar Ragan, ortopedico al James Cook university hospital di Middlesbrough, si apre come di consueto con alcuni dati epidemiologici, secondo i quali le fratture dell'omero prossimale rappresebntano dal 5 al 6% di tutte le fratture che se verificano tra la popolazione adulta: si tratta di 706.000 in tutto il mondo, secondo un'indagine effettuata nel 2000. Per la maggior parte avvengono nelle persone anziane, al di sopra dei 65 anni di età e, così come accade per le altre fratture osteoporotiche legate all'invecchiamento, sono in costante crescita.


Il trattamento chirurgico consiste principalmente nella fissazione interna oppure nella sostituzione della spalla mediale una protesi articolare e contribuisce in misura notevole all'aumento dei costi per il trattamento delle fratture degli arti superiori. tuttavia già una revisione Cochrane del trial randomizzati controllati, non aveva individuata alcun vantaggio clinico nel ricorso della chirurgia rispetto all'approccio conservativo. Il trial di Rangan e colleghi -multicentrico, randomizzato, controllato, a gruppi paralelli- si inserisce in questo scenario di ricerche e ha presoin esame 250 persone dall'età media di 66 anni che si erano fratturati l'omero prossimale. In modo casuale, i pazientisono stati assegnati all'operazione di fissazione della frattura o di sostituzione della testa omerale, oppure all'immobilizzazione dell'arto. Le cure ambulatoriali e i protocolli riabilitativi sono stati gli stessi per i due gruppi, che sono stati poi controllati con un follow-up di due anni. 
I dati ottenuti non fanno che la revisione Cochrane: considerando tutti i fattori -la ripresa delle funzionalità articolare, il dolore, lo stato di salute, la qualità della vita, le complicanze, la moralità generale- non si osservano differenze significative tra i due trattamenti, dunque le conclusioni dei ricercatori inglesi sono chiare: "i risultati non supportano la tendenza all'aumento della chirurgia nei pazienti con fratture scomposte dell'omero prossimale".